Lingua, linguaggio e “linguaggio d’odio”

note di Memi Campana, Caffè filosofico itinerante, Savignano s/P

RIFLESSIONI

Caffè filosofico itinerante

11/25/20254 min read

Uomini, animali e comunicazione

Gli uomini hanno lingua, lingue e linguaggi, ma anche gli animali comunicano

Aristotele: logos, phonè e vita sociale

Aristotele: “la natura in effetti non fa niente senza un fine e l’uomo, tra tutti gli animali, ha il linguaggio [logos]. La voce [phonè], che fa parte del linguaggio, è segno del doloroso e del piacevole, perciò appartiene anche agli altri animali; e infatti qui giunge la natura loro, fino ad avere la percezione [àisthesis] di dolore e piacere, e fino a indicarsi [semàinen] a vicenda queste cose”
Aristotele è consapevole del fatto che con il linguaggio umano non solo sappiamo staccarci dalla immediatezza delle reazioni, non solo sappiamo progettare il futuro, come è necessario per discutere di ciò che è giusto o non giusto fare, ma possiamo parlare anche di ciò che non esiste, di ciò che è irreale, di ciò che è impossibile: “ questo è proprio degli esseri umani, l’avere essi soli la percezione [àisthesis] di buono e di malvagio, di giusto e ingiusto, la comunanza di queste cose [he koinonìa touton] costituisce famiglia e stato [pòlis]”

Identità linguistica, religione e Stati nazionali

Indipendenza politica e senso di identità linguistica

Identità linguistica, appartenenza religiosa e indipendenza politica

Dove gli stati nazionali non c’erano, ma c’era una tradizione linguistica, si è cercata l’indipendenza politica partendo dal senso di identità linguistica. Anche sanguinosamente, in modo cruento, specie dove al fattore peculiarità linguistica si assommava come nella Jugoslavia, o in India, il fattore religioso.

Lingue globali, pluralità e riconoscimento

Non è lontanissimo il tempo in cui autorevoli sociologi in Italia e nel mondo, negli anni Settanta dicevano: ormai parliamo tutti in
glese! Ma l’inglese non ha scacciato le altre lingue native e dove ci sono lingue diverse non riconosciute dagli stati, ci sono problemi di riconoscimento delle identità linguistiche più disparate, come nella stessa UE.

La “triunità” stato-lingua-nazione

L’idea della “triunità” - uno stato, una lingua, una nazione - è oggettivamente una idea irrealizzabile, salvo guerre di sterminio interne a tutti gli stati.

Lingua come diritto fondamentale

Diritti umani e Costituzione italiana

Il valore fondamentale del linguaggio, dell’educazione alla lingua e quindi all’istruzione è stabilita bene in due testi:
La Dichiarazione universale dei diritti umani del dicembre 1948 e la Costituzione italiana del gennaio 1948 che all’art. 3 dice “pari dignità…senza distinzione...di lingua…”, in Italia perciò possono coesistere lingue diverse, e se mai le distinzioni di lingua dovessero diventare ghetti, è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli.

Minoranze linguistiche, tutela e scuola

E all’art. 6 “la repubblica tutela ...le minoranze linguistiche”. Si noti che l’articolo non distingue fra antico e recente insediamento. Chiunque ha il diritto di usare la propria lingua, che va protetta e chi la parla e chi l’ascolta non deve viverla come un ostacolo e, se accade, allora la Repubblica con il tessuto delle sue istituzioni, a cominciare dalla scuola, deve aiutare tutti a superarlo e fare delle diversità ricchezza per tutti.
Questa visione in Italia fa ancora fatica a farsi strada. tutti devono poter conoscere e dominare le diverse lingue per vivere da pari in questa società, non da sudditi, ma da persone libere.
Bisogna che alle discussioni che fanno il tessuto della vita democratica possano partecipare tutti, quale che sia la loro lingua materna, usando questa o apprendendo la lingua più diffusa, che ormai è diventata davvero la lingua italiana, privilegio di pochi fino a cinquanta anni fa.
Scuola e educazione linguistica hanno una funzione centrale in ciò.

Linguaggio d’odio e “parole per ferire”

Definizione e caratteristiche delle hate words

Gli hate words, come implica l’aggettivo stesso, sono termini odiosi che provocano dolore
perché sono dispregiativi per natura. Sono le parole peggiori che si possano usare, soprattutto se si appartiene a un gruppo che esercita il potere su un altro perché costituisce una minoranza o perché ha alle spalle una lunga storia di discriminazione (gli eterosessuali lo esercitano sugli omosessuali, i bianchi sulle minoranze razziali, gli uomini sulle donne, i cristiani sui fedeli di altre religioni, le persone cosiddette normali sulle persone con disabilità, e così via). Esempi: frocio, negro, puttana, vacca, troia, zoccola, giudeo, ritardato.

Ampliamento della definizione e contesto d’uso

Per quanto già ampia, la definizione pare ammettere un utile ampliamento che prenda in
considerazione anche parole che non siano “derogatory in nature” (cioè, parrebbe di poter
dire, che non siano stabilmente tali nel sistema e nella norma di una lingua), ma che tuttavia
nell’uso si rivelano eccellenti “parole per ferire” in una parte rilevante dei loro impieghi.
Diciamo in una parte rilevante dei loro impieghi, perché nel concreto dell’esprimersi può
accadere che qualsiasi parola e frase, del tutto neutra in sé, in circostanze molto particolari
possa essere adoperata per ferire.

Padronanza della lingua e divario socioeconomico

Intervista: domanda a Tullio De Mauro

Le leggo una sua dichiarazione elaborata in una recente intervista: «quelli che vengono da famiglie con libri in casa hanno oggi delle occasioni che noi non avevamo. E quindi, considerando le cose evolutivamente, sono più bravi di noi, della mia generazione. Il guaio è che aumenta il distacco tra loro e tutti gli altri. Ciò significa che i più bravi sono molto più bravi, i meno bravi sono molto meno bravi, molto più distratti: una divaricazione molto preoccupante, un problema che non sappiamo come fronteggiare».
Sta avvenendo la stessa cosa con il computer?

Risposta: tecnologie e divaricazione socioculturale

Direi che in buona parte le nuove tecnologie ripropongono il problema della divaricazione socioculturale fra le persone. La tecnologia del computer, però, è relativamente più semplice e più popolarmente accettabile, più connessa al nostro mondo, fabbricato di pulsanti, di "clic": in questa realtà multimediale la giovane generazione si orienta bene, come pure l'anziana, poiché risulta più semplice attivare un computer, e l'uso di un computer, che non sviluppare la capacità di leggere ed acquisire tranquillità nel consultare un libro.
Visti in questa prospettiva, gli effetti della distanza culturale fra le persone che può provocare l’approccio alle tecnologie, possono essere minori, anche se, certamente, esistono.

Riferimenti bibliografici:

Tullio De mauro, Dieci tesi per una educazione linguistica democratica, 1975; Le parole per ferire, Internazionale 2016; In principio c’era la parola, Il Mulino, 2009.